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Mamma, Camionista, Volvo Ambassador: l'avventura di Sara Marino

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Sara lavora nell’azienda Vittoria Group S.r.l. che ha fondato da giovanissima insieme al marito. Venti austisti da gestire ogni giorno e la voglia di salire su un camion che non si esaurisce mai. Alla guida di un Volvo, naturalmente.
Mamma, Camionista, Volvo Ambassador: l'avventura di Sara Marino
È una passione che avevo fin da piccola, adoravo quando mio padre mi portava con sé.

Cosa volevi fare “da grande”?

La hostess sugli aerei. Sono cresciuta in Germania, sono madrelingua tedesca e parlo molto bene l’inglese. In Germania avevo iniziato a studiare per realizzare il mio sogno, poi mi sono traferita con la mia famiglia in Italia e il sogno ha preso una piega inaspettata.

Quando hai capito di voler diventare camionista?

È una passione che avevo fin da piccola, adoravo quando mio padre mi portava con sé. A 18 anni ho conosciuto mio marito, era già camionista e ho iniziato ad accompagnarlo in tanti viaggi. Quando abbiamo deciso di aprire la nostra azienda avevamo pochi mezzi ma già il problema di sostituire gli autisti malati. Prendere la patente è stata una scelta dettata quindi dalla situazione, ma ho capito da subito che si trattava della mia strada: non scenderei mai da un camion!

Che cosa ti piace di più e che cosa di meno del tuo lavoro?

Sul camion mi sento al 100% me stessa, protetta e libera. Alla guida di un camion, ogni giorno è un’avventura: non conta quanti chilometri devo percorrere, anche su una tratta breve ho l’opportunità di vedere e conoscere nuove persone e nuovi luoghi.

La cosa che mi piace di mento è legata all’essere una donna: spesso le persone mi sottovalutano, vogliono aiutarmi a scaricare anche se non ne ho bisogno. Non si tratta di galanteria, ma di mancanza di fiducia.

In quale aspetto del tuo lavoro essere una donna ti aiuta e in quale ti limita?

Se sei in difficoltà, trovi sempre qualcuno che ti dà una mano. Se sei in coda in attesa di scaricare, spesso ti fanno entrare per prima. In questi casi la gentilezza è bene accetta, perché non presuppone una mancanza da parte mia: è semplicemente un’azione carina.
I limiti sono legati alla mancanza di sicurezza. In genere faccio viaggi brevi e mi capita molto raramente di scendere dal camion. Quando mi chiudo dentro mi sento al sicuro, ma viaggiare di notte da sola in Italia è davvero rischioso, devi trovare il posto giusto per riposare tranquilla. Purtroppo è un problema soprattutto nostro, in Svezia e Finlandia per esempio ci sono molte autiste donne, così come in Francia e in Germania.

Quando mi capita di stare fuori di notte mi vesto male, con uno stile più maschile, proprio per non dare nell’occhio: è assurdo a pensarci, ma bisogna proteggersi.

Come riesci a conciliare lavoro e famiglia?

Faccio tre viaggi alla settimana, solo sul breve raggio. Al mattino parto molto presto, quindi ho bisogno di qualcuno che svegli i bambini e li prepari per andare a scuola. Cerco di rientrare per le 16 per ritirarli io, in caso contrario mi devo di nuovo affidare a un aiuto esterno. Sono tranquilla perché posso contare su mia madre e perché l’azienda è mia. Per le donne dipendenti è effettivamente complicato: una mia amica ha iniziato a guidare a 45 anni, quando i figli erano diventati grandi. Bisogna tenere conto che ci sono tanti aspetti del nostro lavoro che non possiamo prevedere: può succedere di tutto, puoi essere costretta a fermarti e rientrare molto tardi la sera, anche se lavori sul corto raggio. Trovare donne autiste è estremamente difficile, ma nonostante le difficoltà oggettive di conciliare lavoro e famiglie io le assumerei senza pensarci due volte.

C’è stato mai un momento in cui hai pensato di non avere preso la decisione giusta?

No, guidare il camion mi piace sempre di più, sono certa che non me ne pentirò mai. Ogni tanto mi pento di avere così tanti dipendenti, sarebbe stato più semplice se fossimo solo io e mio marito, con un camion a testa. Però c’è anche la soddisfazione di essere arrivati dove siamo solo con i nostri mezzi.

Se incontrassi la Sara dei primi tempi, che cosa le diresti?

Probabilmente niente. Non sono mai stata quel tipo di persona che ragiona troppo sulle cose, che pesa attentamente pro e contro, che si interroga se sta facendo la cosa giusta o sbagliata. Sentivo che avevo voglia di guidare, che era nelle mie corde e nelle mie capacità e mi sono buttata, pensando che avrei affrontato le difficoltà al momento opportuno.

Dove ti vedi tra 10 anni?

Alla guida, naturalmente. Con più dipendenti donne e più tempo per viaggiare!

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